LA MARTIGANA

 

La martigana (o marticana, martingana, ecc.) era, ai tempi della marina a vela, una barca diffusa sia in acque tirreniche che in Adriatico, il che non è molto comune. Il nome stesso oggi è quasi completamente obliato, eppure si trattava di una imbarcazione di stazza abbastanza rilevante, e piuttosto diffusa. Sulla base di dati di archivio per la marineria del Regno delle Due Sicilie, nel periodo che va dal 1600 all’inizio del 1800, possiamo stabilire, per esempio, che su un centinaio di imbarcazioni censite, ben 25 erano martigane (accanto a 32 polacche, 17 pinchi, 16 tartane, ecc.) in questa fonte d’archivio, tutte le martigane compaiono tuttavia solo a partire dalla seconda metà del 1700 e non risultano presenti nel periodo precedente. Ancora qualche decennio fa, vi erano martigane naviganti in Toscana, e Rocco Sisci ne ha fotografate un paio ancora a galla in Sicilia ai nostri giorni. In Adriatico, il nostro tipo viene citato come imbarcazione usata nella marineria locale dal manoscritto del 1700 recentemente pubblicato dal Mario Marzari. Una illustrazione contenuta nel manoscritto stesso e che raffigura una martigana adriatica ci attesta che si tratta della stessa imbarcazione che era in uso nel Tirreno, e non di due tipi differenti che avevano in comune la sola denominazione. Questa barca era utilizzata per il trasporto di merci, e su distanze notevoli. Abbiamo notizie, che ci permettono di stimare la stazza approssimativa delle martigane del ‘700 e anche di precisare, in diversi casi, le rotte sulle quali esse erano impiegate. Nel 1781, per esempio, una martigana viaggiò da Napoli a Fortore con un carico di 4400 “tomole” di grano; ora, il tumolo era una antica misura di capacità, corrispondente a circa 55 dei nostri decimetri cubi. La martigana del 1781 aveva quindi, in termini moderni, circa 85 tonnellate di stazza (una tonnellata di stazza equivale a 2,83 metri cubi di spazio disponibile per il carico). Applicando il noto coefficiente dello 0,7 (peso specifico del carico di grano), troviamo che i 4400 tumuli equivalevano, in termini di peso, a circa 170 t odierne. Questa era dunque la “portata” della martigana.

Entrambe le stime, naturalmente, presuppongono che i 4400 tumuli corrispondessero al pieno carico della nave.

Un altro esempio: nel 1794 una martigana andò da Procida a Barcellona, in Catalogna. Trasportava 1000 “carri” di doghe per botti. C’erano diverse misure chiamate “carro” a quel tempo, nel Mezzogiorno d’Italia, e potevano avere diverse equivalenze al sistema metrico decimale. Non possiamo dilungarci su questo punto, ma riteniamo che molto probabilmente, nel nostro caso, il “carro” corrispondesse ad un peso di 1500 kg, sicché la martigana avrebbe trasportato a Barcellona circa 150 tonnellate di doghe per botti. Potremmo fare altri esempi, per viaggi a Barletta, Tolone, Messina, Taranto, ancora Barcellona, ecc.. in tutti i casi, la portata delle martigane non scende sotto le 150 tonnellate e non supera le 300. I carichi erano, oltre quelli già citati, olio e vino.

Per dare un’idea delle dimensioni delle martigane del ‘700, possiamo prendere come termine di confronto la martigana ottocentesca di cui riproduciamo i piani, che stazzava circa 70 tonnellate. Si trattava sempre di navi con ruota di prora molto curva, che terminava con uno sperono del tipo usato sulle galee, e poppa a cuneo; la sezione trasversale era stellata e l’ordinata maestra molto tondeggiante.

A prora e a poppa, le martigane tipiche presentavano due concavità del capo di banda, le quali ci richiamano alla memoria le antiche stampe che riproducevano alcune tartane nel 1600-1700. Infatti, diversi autori hanno ritenuto che la martigana fosse, per quanto riguarda lo scafo, assimilabile alla tartana e forse, come vedremo, non a torto.

Per esprimere un’opinione non fondata sulla semplice somiglianza esteriore occorre però esaminare brevemente la questione delle origini di questa imbarcazione, e non si tratta di una questione facile.

Diciamo subito che l’opinione, di cui si fece purtroppo portavoce il Guglielmotti, e che da allora viene talvolta acriticamente ripetuta sulla base della sola assonanza della denominazione, e cioè che la martigana avesse a che fare con la marsigliana, non ha la minima verosimiglianza.

Ma abbiamo visto che la martigana era diffusa in Adriatico; ora aggiungiamo, che nel Mediterraneo orientale era diffusa una imbarcazione, denominata dai marinai di lingua greca “martigos” di cui però si conosce ben poco. Nel Mar Nero, circolava un’imbarcazione similmente denominata, che viene descritta come munita di due alberi e fornita di un “becco” o sperone.

La descrizione, per quanto vaga, ricorda alquanto la martigana. Malgrado ciò, noi riteniamo che l’origine della martigana sia del tutto diversa, e precisamente, che essa abbia a che fare, anziché con l’Egeo o col Mar Nero, con la Provenza, e più precisamente con la cittadina di Martigues. qUesta aveva nei tempi passati una marineria importante, che poi non conservò, non sapremmo dire per quali ragioni. Martigues era situata ad occidente di Marsiglia, sulla riva meridionale della grande laguna di Barre (o Berre) lungo lo stretto canale che congiunge la laguna col mare. Insieme con Port de Bouc essa era un tempo la base di un innumerevole flotta di imbarcazioni da pesca e da cabotaggio.

Le acque della laguna di Barre (etang de Barre per i francesi) erano pescosissime e talvolta il pescato era di molto superiore alle possibilità di assorbimento dei mercati locali. Questo avveniva soprattutto d’inverno, nelle annate nelle quali le acque interne gelavano. Allora le imbarcazioni martigane  (martigal nella lingua provenzale) sciamavano alla ricerca di sbocchi per quel “ben di Dio” che altrimenti sarebbe andato a male. Ma la conoscenza così acquisita delle rotte e delle acque lontane dalla Provenza veniva poi utilizzata per trasporti e traffici di ogni genere. Così si ricordano viaggi di barche di Martigues a Livorno, a Roma, in Sardegna e fino a Gaeta e a Napoli. Tutto questo quadra magnificamente con l’idea che la martigana fosse in origine una barca provenzale. Molto meno quadra il fatto che in Provenza la ”martigana” fosse sconosciuta; nessuno, da quelle parti, saprebbe indicare un’imbarcazione tipica del luogo, chiamata “martigana” (o sia pure, “martigal”).

La spiegazione potrebbe essere semplice, e cioè che si trattava in realtà di una tartana che in Italia veniva vista come “speciale”. E noi crediamo che la caratteristica che la differenziava dalle altre numerosissime tartane nostrane fosse l’alberatura. Le nostre tartane erano attrezzate tipicamente a vela latina, quasi sempre su un solo albero, e le martigane portavano invece un albero maestro a vela quadra, e all’estrema poppa un alberello a vela latina o aurica.

Ma dobbiamo ammettere che la nostra è solo un’ipotesi. Per chiarire un po’ meglio la situazione ci vorrebbe un’indagine di uno specialista nella marineria provenzale, resterebbe comunque da spiegare la diffusione della martigana in Adriatico.

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