n. di repertorio SIAE 0001863

 

Il Bancomat del Tempo 

Era un sabato mattina di novembre dell’anno prima della fine del millennio, il mercato era gremito di persone in cerca di prodotti alimentari per l’approvvigionamento del fine settimana, chi cercava cavoli, cavoletti di bruxelles, rape, spinaci, broccoli, e broccoletti.

Un imprevisto filosofo, che anche lui si aggirava fra i banchi del mercato per trovare ortaggi e frutta per il suo modesto desco, era in un momento di momentaneo surplass, dato che non avendo con se sesterzi in valuta corrente per poter acquistare la merce, ma soltanto un misero bancomat, si avvicinò con fare coraggioso presso uno sportello di prelievo, appunto bancomat.

Il suo turno per prelevare valuta era 149 su 147 e mezzo, perché un bambino di sei anni, che reggeva il posto alla mamma, che nel frattempo era andata a fare la spesa al supermercato lì vicino, si trovava fra lui e il 147, perciò, quando sarebbe rientrata nella fila la mamma del bambino, il mezzo sarebbe diventato 148.

Visto l’andazzo, l’imprevisto filosofo, per non perdere tempo, decise di puntare i suoi passi in direzione di un altro sportello bancomat, che gli altri, volutamente ignoravano, per evitare di percorrere a piedi la distanza che intercorreva tra quello sportello e l’altro, poco più cento metri.

Ormai alla fine del primo millennio l’autovettura seguiva il proprietario fino all’interno dei più reconditi meandri dell’individuo, addirittura, c’era chi si era fatto sviluppare ricerche per trovare il modo di ridurre le dimensioni della vettura a quella di un semplice portachiavi, con allegato un contenitore per raccogliere eventuali perdite di benzina verde nel momento della riduzione e del collocamento di tale ninnolo all’interno della tasca dei pantaloni, o della giacca, o in qualsiasi altra tasca, pur di non lasciarla tutta sola in mezzo alla strada, vicino ad altre vetture brutte con chissà quale precedente, mai fidarsi delle vetture sconosciute.

Il tempo di percorrere la distanza, prelevare la moneta, e tornare presso lo sportello precedente a tale decisione, erano trascorsi cinque minuti ed era il turno del 61, quindi, fatti i conti, il risparmio di tempo era stato notevole, per la modica spesa di duecento metri percorsi camminando e l’iniqua cifra di tremila lire, valuta questa di scarso valore al cambio di valuta attuale, perciò soddisfatto, l’imprevisto filosofo si stava dirigendo verso il mercato, quando percepì un dialogo fra due signore che discutevano appunto come prelevare liquido contante.

L’imprevisto filosofo, si permise di entrare nella discussione, consigliando loro di recarsi all’altro sportello. Alché, una delle due signore fece notare all’imprevisto filosofo, che sarebbe costato loro tremilalire il prelievo presso l’altra banca, l’imprevisto filosofo per nulla colpito da tale appunto sottolineò loro che valeva più spendere quella esigua cifra, piuttosto che quell’enorme perdita di tempo, dicendo loro che i soldi si sarebbero potuti perdere per poi recuperarli, ma il tempo che si sarebbe perso sarebbe stato poi impossibile recuperarlo.

Attonite dalla riflessione esposta, si pronunciarono dicendo “Lei è proprio un filosofo”.

L’imprevisto filosofo ringraziandole con uno squisito sorriso, le salutò e si diresse verso il mercato dove avrebbe comperato gli ortaggi e la frutta che si era prefisso, appunto, di comperare poco prima.

Mentre le due signore commentando quell’imprevisto lume alle soglie della fine del millennio, si incamminarono verso lo sportello consigliato dall’imprevisto filosofo, recuperando così quello spazio di tempo che avevano rischiato di perdere. 

Pietro Cristini