n. di repertorio SIAE 0001863

 

Il Battesimo del Mare

 

Era una fredda notte di novembre del lontano 1971, sull’incrociatore portaelicotteri Andrea Doria tutto procedeva come da programma.   Eravamo ormeggiati alla boa galleggiante nella rada di La Spezia, reduci dai grandi lavori presso il bacino di carenaggio dell’arsenale.

Quando all’improvviso un messaggio urgentissimo, ricevuto dalla sala radio, comunicava l’ordine di mollare gli ormeggi e di dirigere la prora verso le acque prospicienti l’isola della Meloria, dove era precipitato un hercules dell’aeronautica militare italiana con a bordo 54 paracadutisti.

Venne dato per interfono l’ordine di posto di manovra generale, un’ora più tardi eravamo in navigazione con un mare forza 9, una pressione atmosferica di 756 millibars, in piena burrasca.

Io mi trovavo al mio posto in plancia comando, dalle ore 04,00 alle 08,00, indossavo gli indumenti da navigazione con il giubbotto di salvataggio a portata di mano, anche se con quello stato del mare e in quel periodo dell’anno sarebbe valso a poco, e sì perché nell’eventualità di una caduta in mare il limite di sopravvivenza sarebbe stato di un quarto d’ora, dopo di che ci sarebbe stata la morte per assideramento.

Nel frattempo arrivammo nello spazio di mare dove presumibilmente si era inabissato l’aereo e iniziammo la perlustrazione del fondo con l’impianto sonar.

I familiari dei paracadutisti e tutta l’opinione pubblica italiana aspettavano notizie.

Ci seguiva nelle operazioni di ricerca la fregata Cigno, che, alle prime luci dell’alba, a vederla di poppa, avanzare intrepida, con la forza delle sue caldaie spinte a pieno regime, contro quel mare così potente da immergere la sua prora fino al castello, sembrava un sommergibile.

Il nostro comandante constatando con i suoi occhi la difficoltà a procedere di tale unità, via radio diede ordine al comandante della Cigno, date le avverse condizioni meteorologiche, di invertire la rotta e di rientrare in porto.

La nostra nave era più pesante di 5000 tonnellate e più lunga di 50 metri, ma nonostante ciò era come un fuscello di paglia in un turbine di vento.

L’addetto al sonar aveva la cuffia saldata alle orecchie pronto a percepire il benché minimo segnale di ritorno che ci avvisasse della presenza del relitto.

Il tempo passava inesorabile e la speranza di ritrovare vivi quei poveretti era ormai svanita.

Le onde alte più di nove metri si abbattevano sulla nave con furia implacabile, mettendo a dura prova lo scafo, le sovrastrutture e l’equipaggio.

Al terzo giorno, dopo innumerevoli falsi contatti, dovuti a materiale metallico scaricato in mare da chissà quale nave, una eco di ritorno del sonar ci dava l’esatta posizione del relitto.

Nonostante le condizioni meteorologiche che non accennavano a placarsi ci fu negli animi dell’equipaggio un rilassamento psicologico anche se di amara soddisfazione, l’aereo era stato individuato, ma non c’era nessun superstite. Comunicata la posizione del relitto agli organi competenti cessammo la ricerca.

Sulla rotta del ritorno facemmo un resoconto dei danni subiti dalla violenza del mare che ancora schiumava rabbioso addosso al nostro scafo; una motobarca da due tonnellate sfondata come un guscio di noce, le plancette di due cannoni divelte, i candelieri che formavano la battagliola tutti abbattuti, le reti paracadute del ponte di volo lacerate, un elicottero inutilizzabile, le alette antirollio fuori uso, l’albero maestro su cui erano installate tutte le apparecchiature radar seriamente danneggiato e molti altri danni minori.

All’inizio del quarto giorno con gli elementi che ancora infuriavano ritornammo al porto di La Spezia con destinazione il bacino di carenaggio per la riparazione dei danni subiti dalla forza del mare.

Questa fu la mia prima uscita in mare, successivamente molte altre volte ho affrontato il mare forza nove, sia per motivi di lavoro che per motivi di assistenza a navi che rischiavano di affondare, per questo io amo e amerò il mare e le navi, perché non esiste altro ambiente uguale in grado di trasmettere le stesse sensazioni.

Sul mare le parole non hanno senso, contano i fatti.

Vivi, ama, temi e rispetta il mare, ti insegna la vita.

 

Pietro Cristini