RE GALANTUOMO
Abbiamo visto delle origini della nave di linea e, seppure in forma frammentaria, della sua evoluzione. Ma come si conclude la storia dei vascelli? Tutti sanno che la tipologia del vascello ha generato le moderne corazzate e navi da battaglia.
La necessità di proteggere il fasciamo dello scafo dall'offesa delle pur primitive palle di piombo fu sentita si può dire fin dalle più remote epoche della marineria a vela. Furono adoperati accorgimenti atti ad irrobustire le fiancate che consistevano prevalentemente nell'impiego di legnami di notevole durezza come ad esempio la quercia. In alcuni casi si rivestirono le fiancate in piombo o in rame (da non confondere con la ramatura impiegata per proteggere il legname dalla teredine). Tuttavia fino alla metà del XIX secolo, data l'allora scarsa evoluzione del munizionamento, il legname impiegato risultò sufficientemente idoneo alla protezione.
All'inizio della seconda metà del secolo comparvero per particolari armi capaci di sparare proiettili esplodenti. Si trattava degli obici Paixhans che nel giro di pochissimi anni fecero apparire le protezioni in semplice legno del tutto insufficienti.
L'inizio del tramonto per i grandi vascelli di legno possiamo farlo coincidere con la battaglia di Sinope del 1853. Erano di fronte la flotta russa comandata dall'Ammiraglio Nakimov e la flotta turca comandata dal famoso Osman Pascià.
I russi erano armati con obici Paixhan ed il loro fuoco risultò disastroso in quanto i proietti esplodevano sulle fiancate delle navi turche o peggio penetravano nello scafo esplodendo al suo interno.
La conclusione logica fu la totale distruzione della flotta di Osman Pascià e la messa in evidenza della ormai totale inadeguatezza delle protezioni in legno.
Pochi anni dopo nel 1860, la Marina francese varava la famosa Gloire che era niente altro che un normale vascello in legno con i fianchi totalmente coperti di lastre di ferro fino alla linea di galleggiamento. Si trattava della prima corazzata della storia della marina.
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Abbiamo fin qui parlato di vascelli inglesi, francesi, spagnoli, olandesi, svedesi ecc.. Ma l'Italia?
L'Italia fin dall'epoca romana ebbe sempre un ruolo di primissimo piano nel campo delle costruzioni navali. Chi non rammenta le glorioso vicende storiche del Mediterraneo nell'epoca romana legate ai nomi di Caio Duilio, Pompeo ed altri. Le famose quinquereme romane, se non gli archetipi, erano comunque le progenitrici dei vascelli, almeno dal punto di vista della tattica navale. Dopo la caduta dell'Impero d'Occidente si inizia per l'Italia un periodo di invasioni barbariche e di oscurantismo che terminò all'incirca con la nascita delle Repubbliche Marinare.
Queste dettero un nuovo impulso alla espansione sul mare dando vita ai più meravigliosi esempi di costruzioni navali nel campo della marineria remiera.
Nacquero numerosi cantieri per la costruzione delle galere. Venezia, Pisa, Genova, Amalfi, Messina, erano altrettanti centri di produzione che competevano ad armi pari, spesso superandoli, con i cantieri francesi e spagnoli.
Tale splendido periodo ebbe il suo culmine con la battaglia di Lepanto che avvenne nel 1571 e che vide le flotte unite della cristianità, sotto il comando di Don Giovanni d'Austria, por fine all'egemonia dei pirati barbareschi sul Mediterraneo. Così come Giulio Cesare eliminò i pirati illirici, le flotte cristiane eliminarono i vari Alì Pascià, Mohamed Scirocco e Uluc Alì. Le successive vicende politiche tagliarono nuovamente fuori l'Italia dal ruolo di potenza marinara facendole "saltare" tutto il periodo successivo nel quale Francia ed Inghilterra si disputarono il dominio del Mediterraneo.
Ne consegue che le grandi navi di linea italiane sono piuttosto scarse e soltanto nel periodo ormai declinante del vascello ne troviamo qualche esemplare.
Fra questi degno di nota il vascello RE GALANTUOMO dislocante 3.800 tonnellate a pieno carico.
Si tratta di un due ponti armato con 64 cannoni, costruito nei cantieri navali di Castellammare di Stabia e varato il 5 giugno 1850. Lunghezza tra le perpendicolari m. 58,40, larghezza m. 15,50 e immersione m. 6,70.
E' precedente al francese Gloire e pertanto è privo di corazzatura. L'attrezzatura è a tre alberi a vele quadre con lunghissimo bompresso. Prevedeva 976 uomini di equipaggio.
Durante l'allestimento durato ben 10 anni, per l'aggiornamento resosi necessario dall'avvento della propulsione a vapore, vennero installate a bordo quattro caldaie e una motrice in grado di sviluppare più di 1.000 Hp.
Il Re Galantuomo, unico vascello della Marina Italiana, non ha una storia molto gloriosa non avendo partecipato ad azioni di una certa rilevanza.
Costruito per conto della Marina borbonica con il nome di Monarca si trovava ancora in allestimento, Comandante Vacca, quando venne abbordato da una corvetta della marina siciliana facente parte delle forze di Garibaldi.
L'attacco non ebbe successo nonostante il Vacca, che era d'accordo per il passaggio del vascello alla Marina sarda. Nel 1850 il vascello passò alla nuova Marina italiana con il nome di Re Galantuomo.
Tra brevi azioni e lunghe soste in cantiere per le trasformazioni si giunge al 1875, anno nel quale il Re Galantuomo viene radiato dai quadri in quanto ormai sorpassato.
Si tratta perciò di un vascello dalla vita non molto avventurosa, tecnicamente in ritardo a causa delle lungaggini costruttive, in continuo aggiornamento per cause varie (nel 1864 a causa del mare agitato perdette buona parte dei cannoni), ma che comunque va ricordato essendo stato, come detto più sopra, l'unico vascello della Marina italiana.
Si tratta però della bisnonna della Vittorio Veneto e di molte altre gloriose unità italiane che, in tempi non molto lontani, suscitarono l'invidia e l'ammirazione delle più blasonate marine del mondo.